Circolo della Montagnola





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martedì 25 marzo 2008

CONFRONTO RISULTATI ECONOMICI GOVERNI PRODI E BERLUSCONI

Il PDL, con la complicità dei mezzi di informazione, sta fornendo un'immagine molto negativa del governo Prodi, anche nel campo dei risultati economici (debito, spesa pubblica, avanzo primario, tasse), facendo dimenticare che i governi di Centrosinistra hanno dovuto risanare per due volte i disastri economici provocati dai governi Berlusconi.
Alcuni studenti italiani, Fadi, Marco, Paolo e Salvatore, che stanno prendendo un master in economia alla London School of Economics, hanno realizzato questo confronto:


Confronto economia

(clicca su Confronto economia, si aprirà una finestra, clicca su Salva per salvare sul tuo PC il Report, clicca su ogni diapositiva per avanzare)

Dal confronto si può dedurre che i governi di Centrosinistra si sono dimostrati più responsabili nella gestione delle finanze pubbliche e quindi
più efficaci per il futuro benessere dell'economia italiana e dei suoi cittadini.

postato da pd.montagnola

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sabato 22 marzo 2008

RASSEGNA STAMPA : UN ARTICOLO AL GIORNO

Se decolla la propaganda
(L’Unità – Alfredo Recanatesi)


Davvero qualcuno potrebbe credere che in Italia ci siano imprenditori disposti a investire sul risanamento e sul rilancio di Alitalia? Via. Se in Italia ci fosse una Imprenditoria con la “i” maiuscola la compagnia non sarebbe arrivata allo stato precomatoso nella quale purtroppo si trova. Di tempo per pensarci e organizzarsi non è certo mancato dal momento che il problema si è posto da almeno cinque anni, ossia da quando una soluzione sarebbe stata finanziariamente meno impegnativa e industrialmente meno complessa.
L’ipotesi, si sa, è stata avanzata da Berlusconi nel corso di un intervento elettorale. Come imprenditore, oltre che come politico, Berlusconi si ritiene un leader. Ma, mentre un leader politico può dire ciò che vuole, rimanendo a chi lo ascolta in che misura dargli credito, un leader imprenditore no: se entra oggi, a pochi giorni dalla scadenza che l’unico potenziale acquirente ha posto per una definitiva decisione, nella questione Alitalia deve farlo seriamente. Il leader politico può anche limitarsi a sventolare la bandiera dell’italianità per caricare il suo elettorato in vista delle elezioni. Il leader imprenditore, se auspica e sollecita una cordata di imprenditori italiani per rilevare e rilanciare la compagnia, la deve rendere credibile mettendo sul piatto, lui per primo, l’impegno finanziario che è disposto ad assumersi nella operazione. Invece lui ha gettato il sasso e ritirato la mano, dicendosi personalmente disinteressato alla questione per via del suo impegno politico (sic!) ma prospettando, tanto per dire, una possibile, ma sempre vaga, adesione dei figli. Il cardine dell’operazione dovrebbe essere - sempre nell’ipotesi di Berlusconi - la accoppiata Air One-Banca Intesa, che già si fece avanti quando fu bandita l’asta, ma con un piano industriale che non raccolse valutazioni positive, tanto che la stessa Banca appare già da tempo ben lontana dai suoi originari entusiasmi.

È evidente, dunque, che quella di Berlusconi è solo una strumentalizzazione in chiave elettorale di una vicenda triste, per molti aspetti drammatica, come quella di Alitalia. Una strumentalizzazione soprattutto degli interessi lombardi che ruotano attorno all'aeroporto di Malpensa. Berlusconi, infatti, non si è limitato a prospettare una possibilità alternativa, ma ha espresso palese contrarietà nei confronti ai Air France-Klm, ben sapendo che il presidente Spinetta puntava ad ottenere il consenso anche del centro-destra per evitare il rischio di ritrovarsi un governo ostile in un Paese del quale gestisce la compagnia di bandiera. Tutto - si diceva - per tutelare il ruolo ed i fatturati di Malpensa, ossia di un aeroporto che - è bene ricordarlo - come hub è sostanzialmente abortito poiché raccoglie una quota modesta del traffico intercontinentale originato nel Nord; ed è abortito perché lo stesso Nord ha commesso la follia di dotarsi di un aeroporto ogni cinquanta chilometri, per cui è molto più semplice e conveniente raggiungere un hub vero - come Zurigo, Fiumicino, Parigi o Francoforte - con un volo da uno di questi aeroporti “sotto casa” che raggiungere Malpensa per strada o in treno.

L’ultimo affronto che Alitalia poteva meritare è proprio di vedere quanto può ancora costituire il suo futuro sacrificato sull’altare di una contingente convenienza elettorale. L’offerta di Air France-Klm può essere anche giudicata colonialista, opportunista, o quel che volete voi. Alcune condizioni poste possono anche essere ritenute mortificanti. Può essere irritante, specie per la mentalità italiana secondo la quale niente è mai definitivo e tutto si può sempre trattare, che si sia arrivati al “prendere o lasciare”. Ma non è questo il punto. Il punto è che il gruppo franco-olandese è l’unico ad offrire ad Alitalia un futuro credibile. Altre possibilità, dopo mesi di procedura ufficiale ed anni di sondaggi, non ce ne sono. Possiamo piangere fiumi di lacrime sul latte versato, ma questo non varrebbe a definire una alternativa. Se l’offerta di Air France-Klm viene lasciata decadere, la situazione economico-patrimoniale di Alitalia rende pressoché automatico il commissariamento, seguito a ruota dal fallimento. E fallimento significa che molti rami d'azienda di Alitalia verranno chiusi, altri finiranno ad altre compagnie o società di servizi, i più perderanno il lavoro, quelli che lo manterranno ricominceranno da zero o quasi, alle dipendenze di altre società.

Creare l’illusione che possano esserci soluzioni più convenienti, più “italiane”, più disponibili a mantenere gli attuali organici alle condizioni economiche e normative attualmente vigenti, e magari anche a mantenere sulla giacca di Malpensa i galloni di hub intercontinentale; tutto questo può aiutare a conquistare facili consensi da spendere il 13 aprile, alla condizione, però, che non si pensi neppure al conto che dopo si dovrà pagare.

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mercoledì 19 marzo 2008

PROGRAMMA RUTELLI, CANDIDATO A SINDACO DI ROMA

Rutelli ha dichiarato ieri di aver depositato il programma della coalizione che lo sostiene nella candidatura a sindaco di Roma. «È un programma in 150 righe, brevissimo, con le finalità di leggibilità semplice e accessibilità al grande pubblico». Il sito verrà messo online nei prossimi giorni.

Ecco punti qualificanti che lo stesso Rutelli ha voluto sottolineare:

RIDUZIONE ICI
«I romani pagheranno quest’anno meno Ici grazie a Rutelli, e lo dico sommessamente, che si è battuto al Parlamento insieme al governo per abbattere l’Icis sulla prima casa. C’è chi l’ha promesso e noi l’abbiamo fatto»

NUOVE POLITICHE SOCIALI
«È necessario che le politiche sociali recuperino la loro centralità orientando le politiche pubbliche di sviluppo locale, perseguendo l’integrazione con le politiche della formazione, dell’occupazione, dell’abitare e dell’urbanistica».

ANZIANI E FAMIGLIE
Fanno da corredo al precedente punto un piano per anziani e uno per la famiglia che prevede, come punto centrale, la creazione di ulteriori 8 mila posti negli asili nido.

CASE POPOLARI
«Vogliamo realizzare 10 mila case popolari, 10 mila case in affitto agevolato, 6 mila alloggi per studenti».

RIFIUTI
«Sui rifiuti c’è una politica decisa in sede di governo regionale. Nell’accordo firmato dalla coalizione c’è scritto che abbiamo due leve sui lavorare, una fortissima raccolta differenziata per arrivare all’obiettivo del 35% in modo rapido, una forte estensione della raccolta porta a porta e la chiusura del ciclo dei rifiuti, che comporta per tutta quella parte che non trova un trattamento specifico per le componenti che non possono essere trattate, la termovalorizzazione»

Per leggere tutto il programma cliccare sull'indirizzo:

http://www.rutelliroma.it/

I candidati del Circolo al Consiglio del Municipio Roma XI nelle liste del PD sono:

- Valeria Baglio
- Claudio Mannarino
- Vittorio Romanazzi

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martedì 18 marzo 2008

RASSEGNA STAMPA : UN ARTICOLO AL GIORNO

A destra il partito di Babele
(L'Unità - Stefano Ceccanti)


Ma il Pdl coi suoi alleati sarebbe davvero pronto a governare? Non sono solo degli scricchiolii casuali a far venire dei seri dubbi, l’ultimo e più importante dei quali è il lancio di una proposta pensionistica a Cernobbio da parte di Berlusconi, poi rapidamente rientrata, e che faceva seguito ad analoghi problemi sulle missioni internazionali, sull’Alitalia e sulla scelta di alcuni candidati imbarazzanti a fini elettoralistici immediati, approvata da Berlusconi col dissenso di Fini e Bossi. C’è qualcosa di più profondo, di costante, di cui queste sono solo alcune manifestazioni. Il Pd è un partito già strutturato, prima delle elezioni, dotato di un regolare Statuto, di un manifesto, di un gruppo dirigente legittimato democraticamente e di un programma su cui ha fatto un patto chiaro con altre due forze politiche.

La scelta elettorale è conseguenza di un modo di essere, è lo specchio di una realtà preesistente, viva e vitale, strutturata intorno a una cultura di governo. Il Pdl come tale è solo una lista, che risulta dalla volontà di partiti al momento ancora del tutto diversi, resa tale dalla vicinanza della scadenza elettorale, in cui può trovare spazio chi ha brindato in Senato in modo scomposto per la caduta del Governo Prodi (nonostante le promesse di esclusione) con quella che è stata fino ad ieri la sottosegretaria alla Giustizia del Governo Prodi medesimo. E’ una promessa di partito. Se fosse però solo questo, la situazione potrebbe essere sanabile nei prossimi mesi con un lavoro serio, sia pure in ritardo. Un lavoro che sarebbe positivo ai fini della stabilizzazione del sistema e che si fa comunque meglio all’opposizione, senza i vincoli derivanti dal dover sostenere insieme il Governo: un ottimo motivo anche per elettori di centro-destra di scegliere almeno stavolta il Pd per dare tempo al proprio schieramento di darsi un assetto più credibile.

Ma c’è, purtroppo, qualcosa di ancor più profondo: il Pdl ha costruito un patto con altre due forze, la Lega Nord e il Movimento per le Autonomie, che non ha una effettiva base programmatica. Infatti esiste un programma del Pdl con le cosiddette "sette missioni per il futuro del paese"; di esso però non c’è traccia sul sito della Lega Nord. Esso, che si presenta ancora come sito della "Lega Nord per l’indipendenza della Padania", presenta un programma del tutto autonomo approvato il 2 marzo dal cosiddetto Parlamento del Nord, che in più punti è in radicale contraddizione col primo. Per fare solo due esempi sul tema cruciale del federalismo, il programma del Pdl appare addirittura minimalista, non accennando neppure alla necessaria riforma del Senato che completerebbe quella del Titolo Quinto, ma proponendosi solo di attuare per via legislativa ordinaria il vigente articolo 119 della Costituzione sul federalismo fiscale. Viceversa il programma della Lega ripropone la vecchia soluzione di Miglio della sostanziale "disgregazione e dissoluzione dello Stato nazionale" che si tradurrebbe nella nascita di "tre Euroregioni", ciascuna delle quali con "sovranità esclusiva…in termini di potere legislativo, amministrativo, giudiziario", detto in altri termini il progetto di tre staterelli debolmente confederati. Una proposta che, peraltro, oltre a creare problemi dentro la coalizione di centro-destra, rende difficile pensare a una legislatura capace di aggiornare la Costituzione perché in evidente conflitto coi suoi principi fondamentali, a meno che il Pdl non se ne discosti esplicitamente. Il leader della Lega Bossi ha detto nei giorni scorsi che gli è stato proposto di nuovo di fare il Ministro per le riforme, ma sulla base di quale dei due programmi divaricanti? Il sito del Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo richiama invece solo la quinta missione del programma di Berlusconi ("Il Sud"), che sottolinea tra le altre l’idea guida del "federalismo fiscale solidale". Come ciò si concili però con la proposta della Lega Nord del ritorno a casa del 90% del gettito fiscale delle regioni padane "attribuibile al proprio territorio" è impresa sostanzialmente impossibile perché priva di una base materiale di risorse, tenendo anche conto che alla Sicilia torna già il 100% e che i progetti di Lombardo tendono a chiedere ancora di più. Non è quindi un caso se la presentazione delle liste da parte dello schieramento del centro-destra prevede che dove vi sia il simbolo della Lega Nord ad affiancare il Pdl non vi sia mai quello dell’Mpa e viceversa. Una riedizione della logica già vista nel 1994 quando vi erano due diverse coalizioni territoriali con messaggi-chiave divergenti: Forza Italia e Lega a Nord, Forza Italia e Alleanza Nazionale a Sud. Durò pochi mesi perché fondere dal Governo, dopo il voto, logiche programmatiche divaricanti in una visione di politica nazionale non è impresa agevole.

Il centro-destra ha quindi costruito una coalizione più piccola del solito, ma non ha in realtà cambiato logica, almeno per ora: si tratta con tutta evidenza di una coalizione per vincere le elezioni, ma che non potrebbe governare né efficacemente né per molto tempo. Penso che in queste condizioni, dobbiamo ricordare a tutti gli elettori, anche i più distanti da noi, che nelle grandi democrazie parlamentari il voto non è tanto un segno di appartenenza, per vedersi solo rispecchiati in Parlamento, come una fotografia più o meno riuscita, è anche e soprattutto una scelta per il Governo, per valutare caso per caso chi è più pronto a guidare il Paese, a renderlo credibile all’interno e all’estero. Stavolta, nell’offerta politica, chi ha cambiato davvero fino in fondo è solo il nuovo Pd.

postato da pd.montagnola

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domenica 16 marzo 2008

RASSEGNA STAMPA : UN ARTICOLO AL GIORNO

(Edmondo Berselli - L'Espresso)

Tremonti Stranamore


Nel suo ultimo saggio l'ex ministro avvisa: è finita l'età dell'oro. E ipotizza dazi e barriere doganali. E il liberismo?


Lo sanno anche i bambini che a pensar male si fa peccato. È il primo pensiero che affiora nell'aprire il nuovo libro di Giulio Tremonti, possibile futuro ministro del Pdl, nel caso non proprio scontatissimo che Silvio Berlusconi vinca le elezioni e riesca a fare un governo. Il saggio di Tremonti s’intitola 'La paura e la speranza'. Per capire il clima di queste pagine basta il primo capoverso: "È finita in Europa l'età dell'oro". È finita la fiaba del progresso continuo e gratuito. La fiaba della globalizzazione, la "cornucopia del XXI secolo. Una fiaba che pure ci era stata così ben raccontata. Il tempo che sta arrivando è un tempo di ferro".

A pensare male si fa peccato, lo diceva anche Giulio Andreotti. Ma intanto viene da chiedersi se non ci troviamo davanti a una contraddizione. Un dilemma. Anzi, un dilemmone avvolto in un enigma. Perché si vorrebbe capire qual è la visione offerta dal Popolo della libertà. Nel senso che Berlusconi è sempre stato l'uomo delle visioni e delle televisioni, del miracolo, del 'sogno'. Todos caballeros! Non si paga! Meno tasse per tutti! E adesso invece c'è un guastafeste, un ex professorino pessimista, che parla dei tempi grigi e dei giorni bui che ci attendono. Il dottor Stranamore che al posto dell'arma nucleare detiene la crisi globale. Il quale si oppone all'ultima ideologia, il "mercatismo", ventilando dazi, ipotizzando barriere doganali contro il dumping sociale delle economie asiatiche, prevedendo crisi epocali e progettando di bloccare il processo di globalizzazione.

E allora c'è qualcosa che non va. Non si capisce per quale motivo un elettore né di qua né di là, abituato a votare con il portafogli più che con il cuore, dovrebbe scegliere una Cassandra che gli promette avvenimenti funesti. Lo stesso cavalier Berlusconi ha annunciato provvedimenti "impopolari". Ohibò, ma allora è il mondo alla rovescia, come nel carnevale, solo che qui il carnevale diviene quaresima.


Sono rimasti molto sorpresi i liberal-liberisti del centrodestra, che pensavano di poter vivere fra poco nel migliore dei mercati possibili. Il severo professor Francesco Giavazzi ha criticato. Il professor Angelo Panebianco si è dichiarato "non d'accordo". Anche il professor Renato Brunetta ha detto che parlare di dazi, be', non è il caso. Il liberalissimo atque chiarissimo professor Dario Antiseri ha ribadito che il protezionismo non lo convince. E il rigoroso presidente della liberista Adam Smith Society, Alessandro De Nicola, ha condannato: "Da sessantottino che era in gioventù, Tremonti è diventato un conservatore ottocentesco. Assomiglia a certi aristocratici inglesi, che consideravano la rivoluzione industriale una sciagura". Infine, di fronte alle ricette di Tremonti sulla riscoperta dei valori, l'austero professor Gian Enrico Rusconi ha sentenziato: "I valori spirituali e morali sono l'ultima risorsa retorica alla quale si ricorre quando non si sa più che cosa dire".

Si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. E per pensare male fino in fondo bisogna risalire alle origini della confluenza tra Forza Italia e An. Che ha dato luogo a un transpartito, a un partito ermafrodita, che mette insieme l'istinto liberal-privatista di Berlusconi con la cultura nazionalcorporativa del partito di Gianfranco Fini. Che cosa vuole allora il Pdl? Liberalizzare o proteggere? Puntare sul mercato o sulla rendita? Perché ha pensato di mettere in lista il capo dei tassisti romani Loreno Bittarelli, il più accanito oppositore della liberalizzazione di Bersani?

A meno che, a pensar male. A meno che il Pdl non abbia l'intenzione magica di applicare selettivamente il liberismo e il protezionismo. Per esempio, essere protezionista con il proprio elettorato, con le categorie, i clan, le tribù, i privilegi, le rendite, le tariffe dei professionisti tutelati dall'assenza di concorrenza. E invece di essere spregiudicatamente liberalizzatore nei confronti del lavoro dipendente, privato e pubblico, dove si annida il voto a sinistra. In questo caso, ecco fatto il gioco di prestigio.

Berlusconi non promette più miracoli, ma difenderà gli interessi.

Insomma, tanto rumore per poco. Il petrolio, le materie prime, la fine dell'età dell'oro. La paura e la speranza. Le sette parole d'ordine tremontiane (valori, famiglia, identità, autorità, ordine, responsabilità, federalismo). Se a pensare male si fa peccato, ma si va vicini alla realtà, viene da pensare, malissimo, che il programma massimo del Pdl è la lotta di classe praticata con altri mezzi. Rappresentata simbolicamente dall'ombrello di Altan, con qualcuno che lo mette in quel posto, l'ombrello, a qualcun altro.

Ci si azzecca, ci si azzecca.

postato da pd.montagnola

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venerdì 14 marzo 2008

RASSEGNA STAMPA : UN ARTICOLO AL GIORNO

Il richiamo della foresta
(la Repubblica - Curzio Maltese)

Sarà la convinzione d'avere il sole della vittoria in tasca. Saranno l'età e i chilometri: alla quinta campagna elettorale il repertorio fatalmente si avvizzisce. Sarà che Berlusconi è sempre stato così, ma insomma il livello di gaffes ciniche e volgari assemblato dal Cavaliere in due settimane di campagna elettorale sembra eccessivo perfino agli amanti del genere.

Persi i grandi alibi del sogno e dell'anticomunismo, a Berlusconi sono rimaste soltanto le barzellette. L'intera sua campagna assomiglia a una barzelletta, del genere greve. L'altra sera al Tg2, a una ragazza precaria che gli poneva un problema serio ("Come si può metter su una famiglia con 600 euro al mese?") il candidato premier del centrodestra ha consigliato di sposare Berlusconi junior o "un tipo del genere", un figlio di miliardario. Di fronte al gelo dello studio, il grande comunicatore ha poi improvvisato una risposta seria delle sue, cioè lievemente meno cialtrona.


Non si era ancora spenta l'eco della candidatura di Ciarrapico, giustificata da Berlusconi più o meno così: d'accordo, è un fascista ma possiede giornali "che servono". Il verbo è da intendersi in senso largo. Il passaggio logico in cui il primo editore d'Italia dava per scontato che i giornalisti siano servi dei loro padroni è sfuggito alla già rinomata categoria. Ma in molti pagheremmo una cifra, come si dice a Milano, per vedere Berlusconi ripetere il concetto ai leader del partito popolare europeo, che ieri hanno chiarito di non essere disposti ad accogliere nostalgici di Mussolini.

Poco prima il Cavaliere, per tener fede ai propositi di fair play elettorale, s'era messo a stracciare in pubblico il programma del Pd. La campagna era cominciata peraltro con una solenne presa per i fondelli dei suoi elettori, intorno alla vicenda della candidatura di Clemente Mastella. Berlusconi aveva ammesso di aver offerto la candidatura a Mastella, ai tempi in cui questi era ancora nel centrosinistra, ma d'aver poi deciso di non onorare la promessa, "perché secondo i sondaggi, ci farebbe perdere dall'otto al dieci per cento". Anche qui è passato inosservato il passaggio logico per cui un quarto degli elettori del Pdl sarebbero tanto imbecilli da non distinguere fra un gesto politico convinto, magari dettato da scrupoli etici, e una trovata opportunistica.

Nella democrazia americana, che Berlusconi cita da una vita a modello, una qualsiasi di queste gaffes, per usare un eufemismo, avrebbe comportato l'immediata fine della carriera politica. In Italia, per fortuna sua ma non nostra, offendere le donne, i media, gli avversari e perfino l'intelligenza dei propri elettori, non è considerato grave. Neppure o soprattutto dagli interessati. E' possibile, anzi probabile, che Berlusconi non abbia perso un solo voto dei suoi, né di donne, né di giornalisti, né fra i molti antipatizzanti dell'ex Guardasigilli. Ci sono ben altri problemi, come ripete il Cavaliere. Per esempio la questione della spazzatura a Napoli, per la quale lui stesso non ha fatto nulla nei sette anni di governo.

Il tratto più sorprendente è come Berlusconi, ormai il più anziano leader in attività d'Italia e fra i più anziani del mondo, in tanti anni non abbia raggiunto un grado minimo di dimestichezza con il linguaggio democratico. Il linguaggio che accomuna in Europa e in Nord America tutti i capi di partito, conservatori o progressisti, con sporadiche eccezioni populiste, fenomeni in genere di breve durata o di limitato consenso.

Il richiamo della foresta in lui è sempre più forte di tutto, perfino in una campagna elettorale nata all'insegna della moderazione e, in teoria almeno, vinta in partenza dal centrodestra. Al cinismo berlusconiano il Paese è mitridatizzato da anni. Non manca chi lo considera, fra seguaci e avversari, con divertimento. Si accettano già scommesse sulle barzellette e le battute che il capo potrà sfornare quando incontrerà da premier il primo presidente donna o il primo presidente nero degli Stati Uniti. Tanto, ci saranno sempre "ben altri problemi". Ma se non si riesce a cambiare nemmeno la forma, figurarsi la sostanza.

postato da pd.montagnola

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lunedì 10 marzo 2008

PROGRAMMI A CONFRONTO

Una campagna elettorale per essere efficace deve essere anche comparativa. A tal fine si ritiene utile sottoporre a confronto i principali punti dei Programmi del PD e del PDL, per fare emergere le effettive differenze.

IL PROGETTO DEL PD PER L’ITALIA
SI BASERÀ SU 10 PILASTRI

1) Sicurezza, prima di tutto;
2) Sviluppo “inclusivo”;
3) Concorrenza e merito;
4) Welfare universalistico;
5) Educazione come ascensore sociale;
6) Spendere meglio e meno;
7) Pagare meno, pagare tutti;
8) Diritto dell’economia che liberi l’energie vitali;
9) Sostenibilità e qualità ambientale;
10) Stato forte e sussidiarietà.


Tradotti in 12 azioni di governo:

1. STATO: SPENDERE MEGLIO E MENO
2. PER UN FISCO AMICO DELLO SVILUPPO
3. CITTADINI E IMPRESE PIÙ SICURI
4. DIRITTO ALLA GIUSTIZIA GIUSTA, IN TEMPI RAGIONEVOLI
5. L'AMBIENTALISMO DEL FARE
6. STATO SOCIALE: PIÙ EGUAGLIANZA E PIÙ SOSTEGNO ALLA FAMIGLIA,PER
CRESCERE MEGLIO
7. CULTURA, SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA: PIÙ AUTONOMIA, PER L'EQUITÀ
E L'ECCELLENZA
8. IMPRESE PIÙ FORTI, PER COMPETERE MEGLIO
9. CONCORRENZA PRODUCE CRESCITA
10. SUD E MEDITERRANEO
11. DEMOCRAZIA GOVERNANTE
12. OLTRE IL DUOPOLIO, LA TV DELL'ERA DIGITALE


I dettagli del Programma del PD (slide) sono visibili all'indirizzo:

http://www.partitodemocratico.it/allegatidef/Programma%20PD45315.pdf



Il PROGETTO DEL PDL :
SETTE MISSIONI PER IL FUTURO DEL PAESE

1) rilanciare lo sviluppo
2) sostenere la famiglia
3) più sicurezza, più giustizia
4) i servizi ai cittadini
5) il Sud
6) il federalismo
7) un piano straordinario



IL CONFRONTO

Governabilità, riforme, liberalizzazioni e privatizzazioni

Partito Democratico:
- Il Pd propone una sola Camera legislativa, con 470 deputati.
- Un Senato delle Autonomie, con 100 membri.
- Deputati eletti in collegi uninominali col doppio turno.
- Federalismo fiscale.
- Eliminazione delle Province là dove si costituiscono le Città Metropolitane.

Popolo della Libertà:
- Federalismo fiscale attraverso l'attuazione al disposto dell'articolo 119 della Costituzione, assegnando agli enti territoriali le più idonee fonti di finanziamento
- Abolizione delle province inutili

Risanamento dei conti pubblici

Partito Democratico:
- Riqualificare e ridurre la spesa pubblica, senza ridurre (anzi, facendo gradualmente crescere, in rapporto al Pil) la spesa sociale.
- Mezzo punto di Pil in meno di spesa corrente primaria nel primo anno; un punto nel secondo, un altro punto nel terzo.

Popolo della Libertà:
- Ridurre il debito dello Stato, immettendo sul mercato una quota corrispondente di patrimonio pubblico. L'effetto atteso è stimabile in un punto di Pil di minore spesa pubblica corrente e di un punto di Pil di maggiore crescita.

Riduzione delle imposte

Partito Democratico:
- Azzeramento di Ires ed Irap per un po' di anni per la quota di profitti corrispondente alla quota di capitale dell'impresa detenuto da fondi.
- Dal 2009, riduzione graduale delle aliquote Irpef (un punto in meno all'anno, per tre anni) finanziata con le risorse rivenienti dalla lotta all'evasione fiscale.
- Sostegno ai bassi salari, riducendo il cuneo fiscale come in Francia.

Popolo della Libertà:
- Graduale abolizione dell'Irap.
- Graduale e progressiva diminuzione della pressione fiscale sotto il 40% del Pil.

Lavoro, contratti, salari e produttività

Partito Democratico:
- Compenso minimo legale, 1000-1100 euro netti mensili, per i precari.
- Credito d'imposta rimborsabile per le donne che lavorano.
- Incentivazione del contratto di apprendistato.
- Governare l'immigrazione per non subirla.
- Una sola Agenzia Nazionale per la sicurezza sul lavoro.

Popolo della Libertà:
- Graduale detassazione delle «tredicesime».
- Detassazione di straordinari e incentivi legati a incrementi di produttività.
- Riforma degli ammortizzatori sociali secondo la legge Biagi Rafforzare la Bossi-Fini.
- Maggiori tutele, controlli più efficaci in materia di sicurezza sul lavoro.

Semplificazione

Partito Democratico:
- Elevare il tetto di 30.000 euro di fatturato per il pagamento a forfait.

Popolo della Libertà:
- Accesso dei cittadini agli uffici pubblici per via telematica.
- Maggiore trasparenza e certezza delle procedure.
- Passaggio dall'archiviazione cartacea a quella digitale.

Energia e ambiente

Partito Democratico:
- Più impianti di rigassificazione e infrastrutture di trasporto e stoccaggio del gas.
- Incentivare l'installazione di pannelli solari termici e puntare sul carbone pulito.
- Tariffe di smaltimento dei rifiuti variabili a seconda che si partecipi o meno alla raccolta differenziata.

Popolo della Libertà:
- Incentivi alla cogenerazionee alle fonti rinnovabili: solare, geotermico, eolico, biomasse, rifiuti urbani.
- Partecipazione ai progetti europei di energia nucleare di ultima generazione.
- Raccolta differenziata e realizzazione dei termovalorizzatori.

Infrastrutture

Partito Democratico:
- Sì ad infrastrutture moderne e sostenibili.
- Rigassificatori, termovalorizzatori, Tav.

Popolo della Libertà:
- Rifinanziamento della "Legge Obiettivo" e delle Grandi Opere, con priorità alle pedemontane lombarda e veneta, al ponte sullo Stretto di Messina e alla Tav.

Istruzione e università

Partito Democratico:
- Maggiore autonomia degli Istituti scolastici.
- Valorizzare merito e impegno degli insegnanti.

Popolo della Libertà:
- Ripresa nella scuola, per alunni e insegnanti, delle «3 i»: inglese, impresa, informatica.
- Commisurazione degli aumenti retributivi a criteri meritocratici con riconoscimenti agli insegnanti più preparati e più impegnati.

Ricerca e innovazione

Partito Democratico:
- Detassazione degli investimenti in ricerca.
- Agenzia indipendente selezioni con criteri internazionali, 1000 giovani ricercatori (italiani e stranieri) ad alto potenziale, ai quali finanziare altrettante idee di ricerca per un periodo di dieci anni.
- Rendere strutturale il credito d'imposta su ricerca e sviluppo.

Popolo della Libertà:
- Inserimento graduale e progressivo della detassazione degli utili reinvestiti in ricerca.
- Realizzazione dei "Fondi dei fondi" per finanziare gli investimenti in ricerca sul modello di quanto realizzato in Francia.

Sud

Partito Democratico:
- Portare entro il 2013 la rete delle infrastrutture e dei servizi per i cittadini, le imprese e le istituzioni del Mezzogiorno a dimezzare il gap accumulato rispetto al Centro-Nord.
- Obiettivi-standard: dal servizio idrico all'ambiente, dall'energia alla scuola, dalla giustizia alle università.

Popolo della Libertà:
- Realizzazione della Banca del Sud Piano decennale straordinario per il potenziamento, completamento e realizzazione delle infrastrutture: porti, reti stradali e autostradali, alta capacità ferroviaria-
- Ponte sullo stretto.
- Misure di fiscalità di sviluppo a favore delle aree svantaggiate.

Telecomunicazioni

Partito democratico
OLTRE IL DUOPOLIO,LA TV DELL’ERA DIGITALE
- Di qui al 2012 (data del passaggio al digitale) assegnazione delle frequenze secondo le direttive europee e il rispetto delle sentenze della Corte Costituzionale.
- Subito, nuove regole per il Governo della RAI: una Fondazione e un Amministratore unico.
- Fondo per la qualità dei programmi, destinando Il 2% dell’intero fatturato pubblicitario al
finanziamento di produzioni di qualità.

Popolo delle Libertà
- liberalizzazione delle telecomunicazioni e diffusione universale della larga banda
- media: regole europee, pluralismo e concorrenza, passaggio alla tecnologia digitale

postato da pd.montagnola

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sabato 8 marzo 2008

DEMOCRAZIA E POPULISMO



VELTRONI-VOLTAIRE:
i programmi altrui li leggiamo e li rispettiamo



QUADRETTO POPULISTA:
BERLUSCONI straccia il programma del PD.

postato da pd.montagnola

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giovedì 6 marzo 2008

LISTE PD : CAMERA E SENATO

Per visualizzare l'ordine di lista della CAMERA DEI DEPUTATI e del SENATO DELLA REPUBBLICA cliccare sui link:

http://download.repubblica.it/pdf/2008/liste_camera_pd2.pdf

http://download.repubblica.it/pdf/2008/liste_senato_pd2.pdf

postato da pd.montagnola

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mercoledì 5 marzo 2008

RASSEGNA STAMPA : UN ARTICOLO AL GIORNO

IL "PRIMATO DEL FARE"
E L'ANARCHIA SUI VALORI (Famiglia Cristiana)


C'è una trappola nella quale non bisogna assolutamente finire impigliati durante la campagna elettorale, cioè che esista una geopolitica dei valori. Se ne discute giustamente nel Partito democratico per evitare pasticci "in salsa pannelliana", come abbiamo scritto la scorsa settimana dando conto di alcune nostre preoccupazioni.
Il dibattito è andato avanti per giorni e Walter Veltroni ci ha risposto in una lettera che pubblichiamo a pagina 21. Ma ci piacerebbe che se ne discutesse anche nel Popolo della libertà, dove si ritiene che i valori eticamente sensibili siano una dote acquisita, una sorta di lascito ottenuto per sorteggio da parte degli italiani. Silvio Berlusconi ha definito il suo partito "monarchico" (crediamo per via della potenza del leader) e insieme "anarchico", nel senso che non ha una posizione ufficiale su molti temi di rilevanza etica e che lascia tutto alla libertà di coscienza dei singoli.
Il "primato del fare" è riuscito a prevalere su quello del "pensare", soprattutto in riferimento ai valori e ai temi etici sensibili. E non se ne discute affatto (o poco) perché l’unico vento da assecondare per tenere la rotta è la potente parola del capo (ma sulla legge 40 sulla procreazione assistita Gianfranco Fini è andato per suo conto). La teoria dell’"anarchia positiva" è un esorcismo che non fa bene al Paese, un pasticcio che non serve né a prendere le distanze dal fondamentalismo delle magliette anti-islamiche di Calderoli, né a compensare il laicismo dei radicali che pure albergano nella ex Casa della libertà.
La libertà di coscienza deve essere considerata extrema ratio, non una limitazione della responsabilità e un depotenziamento della politica. Invocarla per annullare il dibattito mortifica soprattutto i candidati cattolici che stanno nel Pdl. Cosa ne dicono Formigoni, Lupi, Pisanu (che pure è cresciuto alla scuola di Moro e Zaccagnini)? Non c’è il rischio che, per una sorta di panteismo onnipotente del leader, nel Pdl si eviti con cura ogni riferimento etico su temi che hanno a che fare con il bene comune e la dottrina sociale della Chiesa?
Al riguardo, ci sembra che ciò porti i cattolici ad assumere su questi temi spesso un ruolo subalterno all’interno del Popolo della libertà. Che dicono i cattolici del Pdl sulla presenza nelle liste elettorali di inquisiti e condannati? Che dicono della legalità? Al di là delle "buone" ragioni addotte, non sono neppure bei segnali quelli che vengono dall’Udc con la candidatura dell’ex governatore della Sicilia Cuffaro o anche gli abbracci di Casini con il re di Calciopoli Luciano Moggi.
Gli elettori del Pdl, soprattutto quelli cattolici, hanno tutto il diritto di sapere cosa pensano i propri candidati – e non solo il Capo – su aborto, testamento biologico, coppie di fatto, sulla flessibilità del lavoro e sulla sussidiarietà. Il richiamo circa lo sfilacciamento del Paese, fatto dai vescovi, non assolve nessuno. L’incertezza e lo smarrimento della società è provocato anche dall’esaltazione del benessere individualista, dall’importanza attribuita al successo, dalla mancanza di solidarietà.
L’impressione è che i cattolici nel Centrodestra siano più spenti, quasi impediti a esercitare la funzione di "minoranza intelligente" per "indicare nuove piste e nuove soluzioni per affrontare in modo più equo i problemi", come scrisse Giovanni Paolo II nel messaggio alla Settimana sociale di Bologna nel 2004. L’egemonia dei leader è un rischio bipartisan: tende a sminuire la capacità di discernimento, il potere di critica e la passione per la ricerca dell’unità sui valori, pur senza far torto alle differenze.

postato da pd.montagnola

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